Libri sapore della mia vita.Piacere della carta, del tocco di una copertina soda, dell' uso sciolto di un tascabile che si piega. Attesa nella curiosità di una trama che scorre, in cerca di una scoperta o di un senso proprio. Immersione, ricerca, distrazione. Fuga....
Il primo di ogni cosa, dicono, non si scordi mai.
Il primo libro tutto mio, a sorpresa nelle mie mani, fu
"Papà Gambalunga". 1912, una scrittrice americana racconta la storia di Judy, un' orfana cresciuta in un orfanotrofio, senza poter godere di nulla che non sia la sua viva immaginazione e la divorante passione per le lettere e la scrittura. Senza famiglia, senza denaro, Judy appare destinata a vivere imprigionata come istitutrice nell' infelice luogo dove è cresciuta, ma un giorno, all' improvviso, il sogno irrompe nella sua vita sotto forma di realtà: un ricco benefattore le offre la possibilità di frequentare una prestigiosa università, colpito dal suo talento per la scrittura.
Quest' uomo, che vuole restare a lei ignoto, le chiede solo una lettera al mese, per conoscere la sua vita al college, il prosieguo dei suoi studi, se è felice, se sta bene.
Judy di lui ha visto solo un' ombra sulla parete: due lunghe gambe, infinite.
Per lui farà molto di più, gli scriverà molte lettere, e le indirizzerà a Papà Gambalunga, per via di quella sagoma che sembrava tirata in su come una molla.
Continuerà a pensarlo come un anziano, generoso, gentiluomo, gli racconterà del suo amore appena nato, finchè...
Che dire, romanzo di formazione per signorine, con atteso happy end e morale felice dell' ultima, bella, pagina.
Le librerie sono il mio posto prediletto nel mondo.
In quel ventre generoso di infinite vite e storie, di scrittori e delle loro creature, le ore scorrono nè lente, nè veloci. Il tempo è un luogo a sè. Non avanza e non è immobile, ricrea uno spazio tangibile di emozione goduta senza lancette.
I miei libri, appena letti, appaiono come nuovi.
Non li piego, non li apro a metà, li tengo con cura religiosa persino quando il momento della lettura è nel mio letto.
In genere, mi sdraio su di un fianco, con il libro poggiato sul cuscino dalla parte della pagina che ho già letto e, quando devo cambiare, mi metto supina, in modo da non piegarlo.
Ciò, anche se si tratta di un pocket, il formato che acquisto di più, in verità.
Quando ero più piccola, mi capitava spesso di scambiare i libri con un caro amico, con cui condivido il piacere della lettura e, in fondo, anche i gusti letterari. Mi incuriosiva molto vedere come mi rendeva i libri che gli avevo prestato: tornavano a me semi distrutti.
Capivo, da questo, quanto lui amasse viverli, anche fisicamente.
Una volta, gliene cadde persino uno dal balcone, mentre leggeva e contemporaneamente badava al fratellino più piccolo!
Quest' anno ho letto moltissimo. Più che in quelli passati, senz' altro perchè ho studiato di meno.
I libri universitari, devo dire, sono stati, nella mia esperienza, una triste penalizzazione del piacere della lettura, nel senso che, nel tempo libero, non riuscivo in alcun modo a veder scorrere ancora parole scritte sotto i miei occhi.
Quando voglio premiarmi per qualcosa di importante che è andato a buon fine, frutto di impegno e passione, compro libri. Spesso più di quanti riesca a leggerne nell' immediato futuro, ma non posso farne a meno: compro libri.
Hanno il sapore del tempo tutto per me. E non esiste cosa al pari preziosa.
Stanotte ho finito
"Ho qualcosa da dirti" dello scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi.
Ultimamente ho sofferto un po' per aver lasciato un paio di libri inconclusi.
Non potevo, non ci riuscivo, non andavo avanti. Mi annoiavano.
Storie povere, debole mordente, labile empatia. Poca capacità di avvincere. E non perchè io ami le emozioni da triller, tutt' altro.
I bei libri mi lasciano sempre la voglia di non iniziarne subito altri.
Sembrano gelosi, possessivi... Come volessero restare i padroni, ancora per un po', dei miei pensieri e dei miei desideri.
Mara
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