giovedì 30 ottobre 2008

Post ad personam: Presentazione di "Leggimi nei pensieri" finalmente anche a Taranto!

Miei cari tutti,

oggi è il giorno.
Felice, stanca e sorprendentemente emozionata, stamattina, all' alba, è bastato il biiip del telefono a corto di batteria per farmi svegliare e non dormire più!

Mi dispiace solo che molti di voi, poesia e cuore pulsante del "Blorum", non possano esserci perchè lontani da me.

Ad ogni modo, sentitemi vicina, io vi sentirò vicini.


Un bacio grande a tutti voi.
Mara

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domenica 26 ottobre 2008

Uno e centomila.


Uno più centomila. E il nessuno l' abbiamo perso, fatto cadere, per finta distrazione, giù, nella botola del suggeritore.

Un palco e un piccolo teatro affrescato, rimesso a nuovo in tutto, fuorchè nell' impossibile strutturale: il formato mignon delle dimensioni e del numero di poltroncine, custode di atmosfera catartica e suggestioni pulsanti.

Il loggione illuminato, la platea nell' oscurità, attendono.

L' ambiente sarebbe più adatto ai sei personaggi che al lungo monologo di Uno, nessuno e centomila, tuttavia le immagini, nella scelta, risuonano nel profondo e spesso chiamano a voce alta senza rivelare troppo dei loro perchè.

In verità, Pirandello, accantonato il tempo della scuola, evoca dentro di me teatro a gran voce.
Il teatro delle assi e delle travi di legno, dei chiodi che sbucano e pungono, del sipario rosso granata che cade a piombo, delle luci che recitano da protagoniste e il silenzio che respira in ascolto, carico di promesse, saturo di desiderio.
Pirandello che esplora la metafora della vita a maschere, sipario di verità svelate in più atti, identità sovrapposte che si allargano a cerchi concentrici, serbando, in un unico punto segreto, il loro nucleo di contatto.

La vita al tempo dei social network rimescola piani di storie e di insondate rappresentazioni di sè, sovrascritte negli anni come cd passati forse attraverso troppe masterizzazioni non permanenti. Proiezioni identitarie già impiegate per scene da colori e toni diversi, in opere destinate a un pubblico vario che difficilmente condividerebbe il piacere di un musical americano e di una tragedia classica, nello stesso cartellone.

Vite reali e virtuali a più facce, dipinte con colori ad acqua che si lavano via senza pentimenti, lasciando il posto alle nuove maschere che verranno e che renderanno i lineamenti conformi al ruolo richiesto. Richiesto da sè, richiesto da altri, poco conta appurarlo. Il nucleo del sè resta unico, l' effetto del travestitismo è un' epifania multiforme.
E non occorrono rimorsi.

Mondo flessibile. Mondo variabile. Realtà volubile. Esigita camaleonticità.
L' anello di contatto, il piccolo e delicato meccanismo di congiunzione dei centomila nell' uno, esiste nella normalità opposta alla follia, si definisce in quell' autoconsapevolezza pubblica che richiama ai mille ruoli per ogni singolo, vasto o piccolo, palco di nicchia.


Mara

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giovedì 23 ottobre 2008

La svolta, la fiducia e la gratitudine.

Ieri a cena ero stanca.

La Carrà in tv, piccole boule rosse e cifre a molti zeri, ragazzoni lucidati e persone felici che non si rendono ancora conto se possono crederci oppure no.

Di tanto in tanto brevi interviste, ricordi fuggenti: attori, conduttrici, giornalisti, scrittori, raccontano.
Ricordano il momento, quell' istante a marchio di fuoco su cuore e mente... l' attimo della svolta come giro di rivoluzione sull' asse della loro vita...

I ricordi sono veloci tocchi leggeri, i toni mai calcati dall' enfasi. L' emozione da sola illumina tutto.
Ed esonda, come marea alta, dagli argini del contegno, della modestia, della razionalità e del controllo.

Per tutti la fortuna -così la chiama la Carrà- ha un volto. La fortuna ha un nome di persona, la fortuna ha occhi, labbra, pelle, contorni e volumi, ha voce, sesso, è inserita in un luogo fisico, con oggetti, semplici cose quotidiane attorno, luci, colori.

Quasi sempre c' è stata una porta da varcare, come se la simbolicità del passaggio fosse intessuta nel momento stesso in cui la chance è arrivata a riposizionare parti di vita in una forma nuova.

In ognuno di quei ricordi, la fortuna ha la sostanza della fiducia e l' effetto di un grazie intimo, mai sazio, rinnovato nel tempo continuo dell' esperienza calata nella storia.

Spesso, sotto le ciglia e nel tremito appena udibile della voce, parlano lacrime.

Lo noto, ultimamente: vedo piangere più di gioia che di dolore. L' abbandono alla debolezza richiama un pudore privato, da celare agli sguardi.
Io, da sempre, piango più di felicità e di gratitudine.

Ad ogni modo, cosa significa custodire questo potere, nella vita? Cosa significa portare con sè la grazia di offrire la vera occasione, di operare cambiamenti concreti, reali, o di prospettiva, nell' esistenza di qualcuno?
Cosa è per noi, chi ha generato luce che invade e un incendio di speranze, forza e voglia di fare, desiderio acceso di meritare, impegno profuso, fede in sè stessi e nella bontà della vita?

Che potere ha l' uomo...
Il potere di cambiare il destino altrui.

A volte basta una parola.
O un esempio tacito.
A volte è un' azione materiale, un braccio magico che fora una montagna e mostra un regno, lì davanti agli occhi.

A volte la svolta è una vertigine d' amore.
A volte il sogno dell' obiettivo anelato nel tempo che si manifesta improvvisamente raggiunto.

Può essere la guarigione da un male fisico o, finalmente, la pace nel cuore.

Qualunque sia la prospettiva da cui guardare, la fortuna per me ha le sembianze di un soffio di vento, che sussurra parole di fiducia e gratitudine.



Mara

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sabato 18 ottobre 2008

Books.

Libri sapore della mia vita.
Piacere della carta, del tocco di una copertina soda, dell' uso sciolto di un tascabile che si piega.
Attesa nella curiosità di una trama che scorre, in cerca di una scoperta o di un senso proprio. Immersione, ricerca, distrazione.
Fuga.

...

Il primo di ogni cosa, dicono, non si scordi mai.

Il primo libro tutto mio, a sorpresa nelle mie mani, fu "Papà Gambalunga".
1912, una scrittrice americana racconta la storia di Judy, un' orfana cresciuta in un orfanotrofio, senza poter godere di nulla che non sia la sua viva immaginazione e la divorante passione per le lettere e la scrittura. Senza famiglia, senza denaro, Judy appare destinata a vivere imprigionata come istitutrice nell' infelice luogo dove è cresciuta, ma un giorno, all' improvviso, il sogno irrompe nella sua vita sotto forma di realtà: un ricco benefattore le offre la possibilità di frequentare una prestigiosa università, colpito dal suo talento per la scrittura.
Quest' uomo, che vuole restare a lei ignoto, le chiede solo una lettera al mese, per conoscere la sua vita al college, il prosieguo dei suoi studi, se è felice, se sta bene.
Judy di lui ha visto solo un' ombra sulla parete: due lunghe gambe, infinite.
Per lui farà molto di più, gli scriverà molte lettere, e le indirizzerà a Papà Gambalunga, per via di quella sagoma che sembrava tirata in su come una molla.
Continuerà a pensarlo come un anziano, generoso, gentiluomo, gli racconterà del suo amore appena nato, finchè...
Che dire, romanzo di formazione per signorine, con atteso happy end e morale felice dell' ultima, bella, pagina.

Le librerie sono il mio posto prediletto nel mondo.
In quel ventre generoso di infinite vite e storie, di scrittori e delle loro creature, le ore scorrono nè lente, nè veloci. Il tempo è un luogo a sè. Non avanza e non è immobile, ricrea uno spazio tangibile di emozione goduta senza lancette.

I miei libri, appena letti, appaiono come nuovi.
Non li piego, non li apro a metà, li tengo con cura religiosa persino quando il momento della lettura è nel mio letto.
In genere, mi sdraio su di un fianco, con il libro poggiato sul cuscino dalla parte della pagina che ho già letto e, quando devo cambiare, mi metto supina, in modo da non piegarlo.
Ciò, anche se si tratta di un pocket, il formato che acquisto di più, in verità.

Quando ero più piccola, mi capitava spesso di scambiare i libri con un caro amico, con cui condivido il piacere della lettura e, in fondo, anche i gusti letterari. Mi incuriosiva molto vedere come mi rendeva i libri che gli avevo prestato: tornavano a me semi distrutti.
Capivo, da questo, quanto lui amasse viverli, anche fisicamente.
Una volta, gliene cadde persino uno dal balcone, mentre leggeva e contemporaneamente badava al fratellino più piccolo!

Quest' anno ho letto moltissimo. Più che in quelli passati, senz' altro perchè ho studiato di meno.
I libri universitari, devo dire, sono stati, nella mia esperienza, una triste penalizzazione del piacere della lettura, nel senso che, nel tempo libero, non riuscivo in alcun modo a veder scorrere ancora parole scritte sotto i miei occhi.

Quando voglio premiarmi per qualcosa di importante che è andato a buon fine, frutto di impegno e passione, compro libri. Spesso più di quanti riesca a leggerne nell' immediato futuro, ma non posso farne a meno: compro libri.
Hanno il sapore del tempo tutto per me. E non esiste cosa al pari preziosa.

Stanotte ho finito "Ho qualcosa da dirti" dello scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi.

Ultimamente ho sofferto un po' per aver lasciato un paio di libri inconclusi.
Non potevo, non ci riuscivo, non andavo avanti. Mi annoiavano.
Storie povere, debole mordente, labile empatia. Poca capacità di avvincere. E non perchè io ami le emozioni da triller, tutt' altro.

I bei libri mi lasciano sempre la voglia di non iniziarne subito altri.
Sembrano gelosi, possessivi... Come volessero restare i padroni, ancora per un po', dei miei pensieri e dei miei desideri.


Mara

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lunedì 13 ottobre 2008

Nuovo appuntamento con "Leggimi nei pensieri".

Amici miei cari,

ormai lo sapete, è un momento della mia vita in cui il tempo mi sfugge di mano come la sabbia dal piccolo imbuto di una clessidra... Mi sveglio piena di risposte da dare, di scadenze, di appuntamenti, di incontri da organizzare, e mi addormento con sempre nuovi impegni che, nel mentre, si sono aggiunti alla lista del giorno prima!

Il Blorum, ahimè, risente di tutto questo, e per lui non resta poi molto...
Tanto più perchè, devo dire, Facebook sta assorbendo non solo me ma, vedo, anche tutti voi!!! ^ ^

Ad ogni modo, dall' ultimo appuntamento con "Leggimi nei pensieri" era passato del tempo, così oggi posto il quarto racconto/monologo della mia raccolta: Dijonis.

A differenza del passato, questo non è tagliato. Ci ho provato, ma inutilmente.
E' frammentato nel suo corso, come solo il flusso veloce e vorticoso dei pensieri di un adolescente sa essere e, sforbiciando qui e là, andava perso il senso di ogni dopo e tutto diventava confuso e inutile.

E' un po' lungo, ma conto sulla vostra pazienza e sul vostro affetto! ; D

Dijonis è un racconto che amo molto, forse perchè è in assoluto il più legato alla mia esperienza di vita, ad alcuni intensi incontri del passato, su cui la mia immaginazione ha costruito pensieri ed evidenziato sentimenti.

Buona lettura!

Vi abbraccio tutti e a presto.


Mara

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Dijonis


Io sono un duro. Sono forte. Sono un grande! Vado avanti dritto sparato. A me non mi ferma nessuno. Io sono un dio!
Mio nonno lo sapeva quando m’ ha fatto chiamare così.

La mia storia non la racconto perché la odio. Se mai me la rivedo negli occhi, ma niente lacrime, tipo quando ti ricordi di quella volta che sei scivolato in motorino e ti sei strappato il jeans nuovo… insomma ti senti un po’ di fottere…
Quelle poche volte che ho parlato della mia storia è stato come quando ho fatto vedere lo strappo agli altri, l’ho fatta sembrare una cosa da niente, che anzi mi piaceva così… perché io sono invincibile, sono un dio! E non mi fate sentire compassione che non mi vedete più.

La vita non è per quelli che gli tremano le ginocchia, che gli vengono le lacrime appena gli dai uno schiaffetto, mio nonno me lo diceva tutti i giorni finchè è vissuto. Non che io vada a menare la gente… non mi è mai piaciuto, perché se le dai a uno forte può essere che le prendi e non è nemmeno che mi faccia effetto sputare un po’ di sangue, ma se te le danno di brutto che cavolo di figura ci fai dopo? Ai deboli, a quelli che piagnucolano, che manco li vedi già lo sai che prenderanno calci in culo, non ho mai alzato un dito. Quelli così al massimo li posso difendere perché mi fanno dispiacere… Però non me li faccio amici e intorno non li voglio perché poi ti si appiccicano, ti guardano con gli occhi da femmine, ti chiamano… e io paranoie non ne voglio e nemmeno storie pallose.

Solo Bajula, invece, la voglio sempre intorno. Non lo saprei dire il perché ma, che lei mi telefoni mille volte al giorno, mi mandi un monte di sms, mi venga a prendere in classe, lo dica a tutte le sue amiche che le piaccio un casino, mi piace troppo... A lei non glielo faccio tanto vedere, roba che se mi dice che mi ama, io, solo che le voglio bene; mi chiama cento volte e io due; ai messaggi rispondo dopo che è passato un bel po'.
Mio nonno me lo diceva che le femmine le devi far morire perché solo così ti sono fedeli.

Però io è solo con lei che vado. Cioè, quando andiamo con gli altri a ballare il sabato sera, io lo faccio lo stronzo con le altre: ballo e mi struscio, ci provo, offro da bere se Ada mi da abbastanza soldi, le porto pure ai salottini o fuori per fumare e magari ci baciamo e le mani le calo, però non vado mai fino in fondo e dopo mi sento scontento e anche incazzato... ma quello perché mi è venuta voglia e non ho fatto niente.
Dopo però, agli altri dico che le puttane non mi piacciono fino in fondo e che quelle attaccano solo malattie. D'altronde le “mascherine” non ce l’ho perché costano troppo e me le conservo per Bajula, e poi mi devo comprare le sigarette e il fumo, e Ada è sempre troppo tirata…

Io la capisco poveretta, lei, per sé, manco le calze si compra e noi mica siamo figli suoi, però a me mi rompe le palle stare senza un soldo e dover dividere tutto con gli altri, non mi pare vero che da tre settimane c’ ho la stanza solo mia…ma tanto non dura e, comunque, me ne vado io prima che ne arrivi un altro. Mi dispiace solo per Ada… lei mi ha voluto bene, lo so… è stata l’unica da quando sono arrivato qua.

Già gliel’ ho detto che me ne vado.. Mi ha fatto storie, ma non perché lasciavo la Casa Famiglia perché, anzi, lei è contenta che vado a stare coi miei, è per la scuola... Però senti, io gliel’ho detto che a me la scuola mi fa schifo.. non mi va, punto. Quelli a me non mi hanno mai voluto, ogni scusa era buona per farmela scontare. E lei giù a pregarli : "Per piacere, non gli fate perdere l’anno, è già indietro. Non vedete quanto è intelligente? E’ uno spreco. Poi quello non ci vuole venire più a scuola!"
Che scema… manco si accorge che è proprio quello che vogliono, che non vedono l’ora di non avermi più tra i piedi. E allora eccovi accontentati! Come se me ne fregasse qualcosa…Io andrò al bar con papà, così c’avrò pure i soldi miei. E poi, gliel’ avrò detto cento volte a Ada di non dire a quelle bestie che sono intelligente, che appena si gira si fanno quattro risate. E non è per me che mi dispiace ma per lei…che non si merita di essere presa per il culo.

Noi siamo musulmani. Cioè io no, non seguo, non prego, non mi piacciono tutti 'sti riti, ‘ste imposizioni, però la rispetto tanto Ada. Lei invece è cattolica, dice che è suora laica, una cosa tipo che non mette il velo ma non si sposa e vive per il suo Dio. Alla Messa vedo che ci tiene, ma non è che prega molto, cioè non la vedo pregare mai. Forse non vuole offenderci a me e a Mohammed o forse, già che sta tutto il giorno con le bambine malate e handicappate, al suo Dio gli basta… Certo lei è buona e mi fa pena… mi dispiace che me ne devo andare solo per lei...

Dove stanno i miei però non è lontano, già glielo ho detto, :" Ti vengo a trovare, ci vediamo, non è che sparisco" ... Lei mi ha guardato, ma è strana, non si capisce mai bene cosa pensa… forse perché pensa sempre con i tuoi pensieri…

Comunque aspetto ancora un po’ ad andarmene. Bajula non si muove per ora. Suo padre non glielo permetterebbe mai di venire via da casa e per sposarci è ancora presto… Figurati che la credono ancora vergine…Mi viene da ridere se ci penso, ma 'sta cosa mi fa sentire fortissimo, un vero dio.. perché invece è tutta mia e quando voglio. O... quando possiamo… e non è facile perché non abbiamo un posto e spesso andiamo in campagna… Mi porto le coperte, non più di due perché le devo nascondere nello zaino, se no Ada se ne accorge. Magari non mi direbbe niente o meglio, mi direbbe :" Dijonis non fare stupidaggini, state attenti, che c’avete solo 16 anni!" E io poi non saprei che rispondere, mi sentirei troppo in imbarazzo…
Quando è inverno è dura, non ti puoi manco spogliare, ti si gela tutto, non ti puoi toccare che salti... L’estate è meglio, il problema è che ci trovi sempre gente che c’ha la tua stessa voglia…
E comunque mi piace tantissimo perché lei è solo mia e questi sono i nostri segreti.

Anche prima di Bajula comunque andavo solo con ragazze albanesi. Quelle italiane sono egoiste e superficiali, vogliono solo scopare e che gli fai i regali… si aspettano sempre qualcosa e se non sei sempre il più figo sei finito. E io voglio essere libero.

Qualche giorno fa, non so come ha fatto a trovare il mio numero ma mi ha chiamato la professoressa Maraci. Non è una mia insegnante, quelle sono tutte stronze, è una che è stata in classe da noi per tre mesi a imparare a insegnare… Figurati! La Sersi doveva studiare da lei! Comunque, una volta ci ha dato da scrivere anche solo due righe su di noi, una frase, quello che volevamo, pure una parolaccia, se credevamo potesse descrivere come ci sentivamo, così ha detto, e niente voti.
Beh, io ho scritto.
Niente di che, è chiaro, e niente cose sdolcinate ma, incredibile, a lei è piaciuto. Mi ha lodato un sacco e, per fortuna, non ha letto alla classe quello che avevo scritto… alcuni prof lo fanno, ma naturalmente con la mia roba non è mai successo. In privato poi, mi ha detto anche che ero stato poetico… Di questo comunque non ho parlato con nessuno perché mi vergognavo.
Mi ha telefonato, ha detto, perché aveva saputo che volevo lasciare la scuola e le era troppo dispiaciuto: ero bravo, intelligente e dotato e bla, bla, cose così. Beh, comunque non mi interessa, tanto lo pensa solo lei.
Mi ricordo che mi ha colpito perché ha i capelli lunghissimi con i ricci sotto. Le donne da noi portano i capelli così, ma qua non li avevo mai visti, solo corti o un po’ lunghi e un po’ corti, non so come si dice, non li so descrivere, che non sono né carne e né pesce, non da femmine vere comunque.

Domani farò sega e andrò da mio padre. Così comincio a vedere come si è sistemato col bar e come si usano le macchine. Io diventerò il primo barista della zona, anzi un barman, e farò pure i cocktail. Farò i soldi e sarò conosciuto e invidiato. Poi passerò sotto scuola con la macchina nuova, una sportiva perché a me così mi piacciono, e sputerò sui piedi dei miei prof. Pezzenti senza scopo e senza futuro.
Bajula sarà fiera di me con le sue amiche.
Poi andrò da Ada e le staccherò un assegno che rimarrà a bocca aperta, così potrà far dipingere le pareti delle bambine con i disegni che ha scelto da tempo e potrà comprare una cucina nuova che serve tanto.

Insomma io diventerò qualcuno, il primo della zona.
E farò onore a mio nonno che mi ha chiamato come un dio.

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mercoledì 8 ottobre 2008

Occasioni.

Il futuro è un oceano.

Creature sconosciute, nature marine, pesci dalle fulgide variazioni cromatiche, nuotano ondeggiando, come nastri di ginnaste sinuose, le loro code screziate.

Nelle profondità è il buio, ma è una pece illuminata da provvidenziali occhi, dotati di luce per vedere, e di sensi potenti per non temere l' invisibile.

Il futuro è un oceano di correnti che conducono in direzioni desiderate, senza sforzi, ed è un oceano di flussi contrari che provano forza e resistenza, riscaldano o gelano in alternanze che conservano in sè equilibri certi.

Acque infinite negli orizzonti e negli spazi popolati, il futuro offre il dono di un' assenza vibrante di costrizione, dinnanzi a visuali vicine, come a linee sfocate a perdita d' occhio.

Il futuro è una divinità dalle molteplici braccia, offre una occasione su di ogni palmo.
Come nella ruota del giocoliere passano di mano in mano, in un cerchio vitale mai concluso di offerte e doni e giri di rivoluzione, che accolgono preghiere o disegnano nuove vite e percorsi mai concepiti.

Le opportunità non fermano il loro movimento nel flusso della storia e fedeli all' orologio che portano inciso nell' intima natura, continuano il gioco fino a cadere accidentalmente, dalle mani del fato giocoliere, ai piedi di chi, nell' infinito movimento dell' oceano, è giunto dinnanzi durante il suo viaggio.

Opportunità, non seguono mai i tempi anelati, ma anche nell' attesa si mostrano qual sono.


Mara

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lunedì 6 ottobre 2008

Vertigine.

Spire di rovi per braccia legate.
Graffi feriscono a solchi invisibili.

Corde rampicanti di capelli duri, serpi tra piedi.

Danza costretta a capriole scomposte, anche sbattute e caviglie in ceppi.

Sapienti negazioni di rischi annunciati, passioni ingoiano terra
da altezze abbattute a colpe fasulle.

Vertigine di offesa e balsami odorosi negati
su pelle scottata da braci nascoste.

Giacciono supine speranze avide e vergognosi occhi, in laghi di ombra e fronde dalle punte arse.

Il bisogno opprime. La fame opprime. La giustizia opprime l' infamia silente e il suo cane di menzogna fedele.

Avanza coraggio a spezzare ceppi crudeli!

O la vita o la morte.

L' anima secreta orizzonti di verità.


Mara

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sabato 4 ottobre 2008

Cantico delle creature.


Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l' honore et onne benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu Te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumeni noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.


Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infirmitate et tribulatione.

Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.

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mercoledì 1 ottobre 2008

La beatitudine.


Non so se capiti anche a voi.
Talvolta a me accade che un libro, un film, una canzone, una fotografia, raggiungano un sentimento lontano, indefinito, sepolto, così intensamente, da rimanere là per lunghi giorni, a parlarmi, in modo discreto, sommessamente, senza mai farsi mettere a tacere.

L' ultima volta in cui è successo, che questo velo leggero, come di sposa che salga sulle scale di una chiesa, sia rimasto dietro di me, a seguirmi, è avvenuto con il film "The namesake" -"Il destino nel nome", della regista indiana Mira Nair.

Non ho, in realtà, il desiderio di scriverne perchè, sebbene sia passata qualche settimana dalla prima volta in cui l' ho visto (poi ne sono seguite altre), l' assunzione profonda delle emozioni e dei significati che mi ha trasmesso, non è ancora del tutto completata.
Parlarne, forse, mi aiuterebbe ad apporre la cornice ad un acquerello diluito, fresco di vernice, tuttavia, la sensazione che vince è quella di un nucleo preziosissimo che preferisco resti nel grembo ancora un po', prima di aprirsi alla vita...

Così, stamattina, lascio che solo un frammento del film, forse non il più significativo, non il più toccante, ma vero e utile, raggiunga anche voi.

In un momento di sensibile cambiamento e di sofferenza, nel corso della storia, viene citato un brano del libro "Segui la tua beatitudine" dello psicologo americano Joseph Campbell: laddove la vita si fosse fatta buia e intricata, le orecchie avessero fatto fatica a percepire il senso, e gli occhi ad intravedere la strada da imboccare, quando si fosse stati confusi e indecisi sul da farsi, allora, era il momento di chiudere gli occhi, per un istante, e pensare ad un momento della propria vita in cui si fosse stati felici. Non contenti.
Profondamente felici.


Mara

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