martedì 3 febbraio 2009

The way we were.

Negli ultimi mesi mi capita di pensarci.
Alla scena di un film.
Audrey Hepburn, alla fermata della corriera, dice addio al passato, ad una parte della sua storia.
Un foulard bianco panna. Enormi occhiali scuri.
E' un momento fugace.
Un artificio di fragilità, la sincera rappresentazione di una realtà falsata, appena prima di riconoscere che:
"Il terribile, Fred caro, è che sono ancora Lullaby... la Lullaby che ruba uova di tacchino e che, appena può, scappa nella prateria... solo che adesso lo chiamo avere le paturnie."

"Come eravamo".
Libere associazioni: la coda dello Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie. Strisce larghe, concentriche, si avvolgono come spire ora visibili, ora no. Si attorcigliano verso un punto finale per poi sciogliersi e riannodarsi ancora in cerca di una lineare configurazione.

Ultimamente faccio i conti con sgomento con la refrattarietà al cambiamento strutturale.

Nonostante sforzi, volontà granitica, azioni di salvataggio di dati utili e di rigetto per ciò che intralcia il nuovo corso, nonostante gli anni e gli ancoraggi più o meno stabili a scogli necessari, la mareggiata erode le rocce lentamente e, a volte, strappa i puntelli all' improvviso, esattamente quando lo ha voluto.

Rilevo, con lo sconcerto del tirocinante davanti ad un microscopio che svela il proliferare di un' epidemia, di non essere cambiata se non nelle minuzie in tutti questi ultimi anni.

Mi domando se sia per mancanza di autentica convinzione.
O perchè la razionale determinazione non basta a ingessare il flusso dell' irrazionale emotivo.
O perchè sono un' irriducibile selvaggia mascherata.

Mara

Etichette:

9 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Cara Mara, ho letto quanto scritto un po frettolosamente, purtroppo. Pertanto, non so se ho "capito" appieno il messaggio. In ogni caso, mi sono sentita coinvolta. Proprio ieri pensavo a come non sono cambiata, nonostante l'avanzare del tempo e delle cose. Dovrei avere imparato dal passato, dovrei essere "più...", ed invece, sono sempre la stessa. Forse, nonostante la maggiore consapevolezza delle cose, cambiare fa troppa fatica, almeno parlo per me. Ora, però, non voglio essere pessimista. Ti abbraccio Stefania

4 febbraio 2009 alle ore 11:28  
Blogger Mara ha detto...

@Stefania: cara Stefi, grazie per aver lasciato il tuo commento. Sono sempre felice quando ti trovo qui. : )))))

Io credo che anche con una lettura veloce tu abbia capito bene il senso del post.

Per quanto riguarda me, non è in gioco la fatica quale ostacolo al cambiamento, perchè la capacità di sacrificio non mi manca, di sforzi ne ho fatti tanti, ci ho messo molto impegno...
: )
E' che probabilmente la nostra natura più profonda è come una canna al vento: si piega costretta dalle correnti o dal passo degli uomini, quindi per coercizione, ma poi, appena possibile, ritorna su, dritta. Nella sua forma originaria...

Stefi ti abbraccio con tanto affetto.
: )

4 febbraio 2009 alle ore 12:15  
Blogger Elena T. ha detto...

Carissima Mara, io sono un cambiamento continuo, eppure alla fine mi vedo sempre evoluzione di me stessa..

4 febbraio 2009 alle ore 16:05  
Blogger Mara ha detto...

@Elena T.: Elena mia... mhmmm (anzi: mumble, mumble...)
la tua è un' interessante prospettiva... cercherò di meditarci su: il cambiamento all' interno di un nucleo vivo e dinamico ma stabile? Può essere...

Baci Elena mia. Mi fai sempre pensare, in un modo o nell' altro!
: D

4 febbraio 2009 alle ore 21:20  
Blogger Elena T. ha detto...

'Aveva imparato che quando cambiano le nostre convinzioni modifichiamo anche il nostro comportamento.
Si può credere che un cambiamento sia dannoso e quindi opporvi resistenza, oppure si può credere che trovare il Nuovo Formaggio possa aiutare ad accettare con gioia il cambiamento.
Tutto dipende da ciò che si è deciso di credere.
Scrisse sul muro:
Quando ti accorgi che puoi gustare il Nuovo Formaggio, modifichi il tuo comportamento'.

Proprio ieri sera ho letto queste frasi in un libro.
Il libro si intitola 'Chi ha spostato il mio formaggio?' ed è scritto da Spencer Johnson.
Parla di cambiare se stessi in un mondo che cambia e il formaggio è inteso come fonte di vita e di gioia.
È molto interessante da leggere e si scorre velocemente in un'ora!

Un bacione Mara!!

5 febbraio 2009 alle ore 11:01  
Blogger Mara ha detto...

@Elena T. : Elena mia, riesco solo ora a risponderti... Sono in un periodo da incuboooooo!!!!!!!!!!!!!!!!
AHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!

Ok. : )

Conosco bene, avendola studiata, la teoria di Ellis e Beck secondo cui modificare i propri pensieri automatici e irrazionali può produrre un cambiamento positivo nella vita, mobilitando nuove risorse creative ed energie, facilitando il raggiungimento degli obiettivi.
Interessante qui mi sembra però la novità che introduce il tuo commento, ossia il discorso del cambiamento in un mondo che cambia o in una vita che muta magari improvvisamente, perchè entra in gioco l' adattabilità personale, la resilienza di fronte agli eventi. Ammesso di non esserne dotati per natura, io credo si possa impararla e conquistarla, lavorandoci su. Indubbiamente sodo...

Baci Elena mito!

7 febbraio 2009 alle ore 13:59  
Blogger Unknown ha detto...

... e' perche' la tua sostanza will never back down; e fa bene! Lasciala andare immutata e selvaggia, seguila, molla il guinzaglio, chissa' dove ti portera'... ehi! ti ha portato sin qui, non e' poco ;-)
Un abbraccio forte,
T

8 febbraio 2009 alle ore 01:01  
Blogger Mara ha detto...

@Tiziana: cara... grazie...
: ))))))
Sei sempre preziosa per me, in ogni tuo passaggio.
Ti abbraccio forte, si avvicina il momento in cui finalmente ci incontreremo vis à vis!
: D

8 febbraio 2009 alle ore 19:40  
Blogger Unknown ha detto...

Molto interessante.Mi ritrovo molto anch'io.Mi piace il tuo blog!Vienimi a trovare...

7 maggio 2009 alle ore 22:34  

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page